«Milano è un libro aperto, che si può leggere infinite volte e a ogni lettura può svelare dettagli nuovi e dimenticati; è una festa mobile, che può contagiarti quando meno te lo aspetti, basta saperla guardare».
{Velania La Mendola, Milano.ti amo}
LINEA.CURVA / LINE.CURVE | via Viganò, Milano 2013
VETRO.CEMENTO.LEGNO / GLASS.CONCRETE.WOOD | piazza Bo Bardi, Milano 2015
CICLOVIA / BIKE LINE | cavalcavia Buccari, Milano 2010
SOGLIE / DOORWAY | Ortica, Milano 2010
DIALOGO / DIALOG | colonne di San Lorenzo, Milano 2010
PARADISO / PARADISE | via Bazzi, Milano 2009
GOTICO URBANO / URBAN GOTHIC | piazza del Duomo, Milano 2010
QUARTO STATO / THE FOURTH ESTATE | San Siro, Milano 2007
LA CITTÀ CHE CRESCE / GROWING CITY | via Farini, Milano 2010
NAVI A VELA / SAILING BOATS | piazzale Giulio Cesare, Milano 2016
«Roma apparì distesa come in una mappa o in un plastico: fumava appena, a porta San Paolo: una prossimità chiara d’infiniti penzieri e palazzi, che la tramontana avea deterso, che il tepido sopravvenire di scirocco aveva dopo qualche ora, con la cialtroneria abituale, risolto in facili imagini e dolcemente dilavato. La cupola di madreperla: cupole, torri: oscure macchie de’ pineti. Altrove cinerina, altrove tutta rosa e bianca, veli da cresima: uno zucchero in una haute pâté, in un mattutino di Scialoia. Pareva n’orologgione spiaccicato a terra, che la catena de l’acquedotto Claudio legasse... congiungesse... alle misteriose fonti del sogno. […] Roma doma. Roma cova».
{Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto di via Merulana}
space invaders (maxxi)
femminilità (tempio di venere)
geometria (auditorium della musica)
madre e figlie (parco di villa borghese)
selfie con scalinata e arte (museo dell'arte contemporanea)
bellavista (via dei condotti)
poeti artisti eroi santi pensatori scienziati navigatori trasmigratori (eur)
rigore forma equilibrio simmetria (eur)
in onore di castore e polluce (fori imperiali)
io.osservo (piazza del campidoglio)
«Il paesaggio rimarrà sempre lo stesso, anche quando cambierà e diventerà un altro paesaggio poiché si costituisce semplicemente come lo spazio della nostra vita, dove abbiamo deciso di stare, di risiedere e quindi di abitare; per questo scriverlo non significa semplicemente descriverlo: a che serve descrivere il nostro spazio vitale se non lo sappiamo raccontare? E solo se abitiamo un luogo lo possiamo raccontare. E’ questo che fanno i fotografi, i musicisti e gli artisti in generale: non si limitano a raccontare i luoghi ma li abitano, anche solo per pochi istanti. Per questo è importante dare voce al paesaggio che, ricordiamolo ancora una volta, non è un luogo né una sensazione e tanto meno un panorama ma è la nostra stessa vita che raccoglie tutte le voci presenti in ogni luogo, tutte quante, nessuna esclusa».
{Luciano Bolzoni, Le montagne non hanno pareti}
«Ogni singolo uomo, come ogni altro vivente, viene alla vita senza deciderlo, ma egli non diventa uomo, non diventa ciò che è, per riprendere una magnifica espressione di Nietzsche, senza deciderlo. La vita, dunque, semplicemente accade, l’umanità, invece, deve essere desiderata, cercata, voluta, scelta, conquistata. Si tratta della legge della «doppia nascita»: non si nasce uomini ma lo si diventa».
{Silvano Petrosino}
Sconosciuta | Bergamo, gennaio 2015
Daniela e Christian | Alassio, luglio 2001
Sconosciuti | Stoccolma, agosto 2005
Franco Michieli | Cervinia, luglio 2015
The Horseman | Ladakh, agosto 2014
The Cookman | Ladakh, agosto 2014
Viaggiatori | Milano, novembre 2010
Luciano | Osio Sotto, febbraio 2013
Marta | Songavazzo, marzo 2009
Giulia e Marta | Rapallo, aprile 2007
Raimondo e Daniele (Milano, settembre 2012)
Loris Jacopo Bononi e Cri | Fivizzano, giugno 2012
Nicola De Ponti | Milano, settembre 2011
«Preferisco […] il cielo stellato al soffitto, preferisco il sentiero oscuro e difficoltoso verso l’ignoto alla strada asfaltata, e la pace profonda del selvaggio allo scontento generato dalle città. Disapprovi dunque che io resti qui dove sento di appartenere ed essere tutt’uno col mondo?»
{E. Ruess, Lettera al fratello Waldo, 1934, in J. Krakauer, Into the wild, 1997}
LE CITTÀ VISIBILI
Dodici immagini di città sono altrettanti racconti, tesi in un istante mai conclusivo che si apre verso un altrove sfuggente, che chiede di essere inseguito concentrando lo sguardo, immaginando l’altro, lasciandosi suggestionare dalle forme, dai colori, dal sapore di queste cartoline che segnano il tempo del calendario e scandiscono le stagioni, come inviti al viaggio. Le città sognate diventano, in queste fotografie, reali senza che ciò le invecchi: ciascuno può ritrovarvi suggestioni o slanci, e come in un gioco di incastri altre città, o il suggerimento per nuove scoperte. I dodici brani che le accompagnano – più o meno classici, dai premi Nobel Hemingway e Laxness a Tabucchi e Strout – di quei luoghi, di quelle scoperte cercano di restituire l’anima: e rendono un’altra chiave, o piuttosto un’altra aria, a panorami che il lettore, guardando o forse leggendo, fa suoi, senza l’obbligo di credere «a tutto quel che dice Marco Polo quando gli descrive le città visitate».
(01) Montréal_Quebec (CANADA)
(02) Berlino (GERMANIA)
(03) Boston_Massachussets (U.S.A.)
(04) Copenaghen (DANIMARCA)
(05) Londra (INGHILTERRA)
(06) Leh_Ladakh (INDIA)
(07) Essaouira (MAROCCO)
(08) Portland_Maine (U.S.A.)
(09) Genova (ITALIA)
(10) Madrid (SPAGNA)
(11) Roma (ITALIA)
(12) Reykjavík (ISLANDA)
«Lassù la montagna è silenziosa e deserta. Lungo la mulattiera che gli austriaci costruirono per giungere nei pressi dell’Ortigara, dove un giorno raccolsi la punta ferrata del Bergstock che è qui sulla libreria, ora non passa più nessuno. La neve che in questi giorni è caduta abbondante ha cancellato i sentieri dei pastori, le aie dei carbonai, le trincee della Grande guerra, le avventure dei cacciatori. E sotto quella neve vivono i miei ricordi».
{Mario Rigoni Stern, Sentieri sotto la neve}
«Il mondo è qui. Abbiamo sudato sotto la pioggia dell’estate torrida […]. Abbiamo mangiato malai kofta […] Abbiamo attraversato un diluvio di cavallette sulla via per Agra. Abbiamo vagato tra le nebbie […]. Abbiamo valicato quattro alti passi dell’Himalaya sulla strada fra Manali e Leh, patito insieme il mal di montagna, incontrato pastori kashmiri in cerca di cani per le loro greggi. Abbiamo ascoltato la corrente dell’Indo tra le migliaia di Budda dipinti nel monastero di Alchi. Abbiamo dormito per terra, comprato zafferano, braccialetti di vetri e albicocche di montagna. Che continuassimo a viaggiare insieme era scritto».
{Giuseppe Cederna, Il grande viaggio}
Avevo un sogno bellissimo
Gli occhi non si staccavano
Dalle sue ali fragili e forti
Le strade non avevano mai fine
E la voce non mendicava parole
Ma era una musica muta
Il buio una devozione
Dell’anima
Che mi abbracciava
Leggendomi la luce.
da ‘Fondi di carezze’
di Marianna Bernardini
«Il vento, da qualsiasi parte tirasse, sempre aria di mare recava, salata come se si fosse a bordo di una nave; il gabbiano abbondava […] tanto quanto la pernice bianca; e ogniqualvolta la via si alzava un poco, l’occhio si accendeva del luccichio del mare. Dal bel mezzo della terraferma, in un giorno di vento e di acque alte, ho udito il Roost strepitare come il rombo di una battaglia là dove lambisce il Aros e ho udito le potenti e spaventose voci dei frangenti che noi chiamiamo i Merry Men»
{R.L. Stevenson, I Merry Men}